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Il Moro, figlio di contadini, fin da piccolo guarda verso la montagna con occhi diversi da quelli dei suoi genitori e dei suoi paesani. Prova un'inquietudine, un'attrazione, alla quale non sa dare ancora un nome, sa però che il suo posto non è in valle ma là in alto. Prima malgaro, poi guida alpina, poi rifugista, tutta la parabola del Moro si sviluppa attorno alla montagna ("la Grapa", per i valligiani, il Monte Grappa per tutti gli altri) che segnerà la linea del fronte durante la Grande Guerra. Da luogo di pace e silenzi si trasformerà in un'area sventrata dai bombardamenti e, ancora peggio, trasformata dalle fanfare della retorica nel simbolo del sacrificio e del coraggio. La vita del Moro (al secolo Agostino Faccin, 1866-1951) sarà interamente segnata da una lotta ostinata contro lo scempio di quei luoghi e di quella memoria, attraverso gesti individuali che, pur senza prendere le forme della consapevolezza politica, lo porteranno a schierarsi, sempre, dalla parte degli oppressi.
IL MORO DELLA CIMA - Paolo Malaguti
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In un'isolata comunità della Turingia (ex Germania Est) si è insediato un gruppo di neonazisti. In pochi sembrano preoccuparsi seriamente della cosa. Tantomeno se ne cura Florian Herscht, figura centrale del romanzo, un gigante buono col cervello di bambino, legato al capobanda nazi, suo datore di lavoro, da un rapporto di muta e timorosa obbedienza. Le sue preoccupazioni sono indirizzate piuttosto alla catastrofe incombente che è convinto porterà l'universo a scomparire. Ma ciò che è destinato a distruggersi e a scomparire è in realtà molto più vicino a lui e a noi. Misurarsi con la scrittura di Krasznahorkai è un'esperienza che mette alla prova ma che riconcilia con la magia e la forza dell'invenzione narrativa.
HERSCHT 07769 - Laszlo Krasznahorkai
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New York, anni '50. La vita del finanziere Henry Bevel e di sua moglie Mildred è stata raccontata in modo calunnioso (a detta di lui) in un romanzo. Questo romanzo compone la prima parte di Trust. La seconda, più breve, contiene la versione della medesima storia raccontata dallo stesso Bevel: versione appena abbozzata, lacunosa. Il finanziere si rivolge dunque a una giovane segretaria di origini italiane per riscriverla, sotto il suo stretto controllo: questa vicenda compone la terza parte di Trust. E infine, molti anni dopo, la stessa ex segretaria, ormai scrittrice, si imbatte in un quadernetto che raccoglie gli appunti presi dalla moglie di Bevel nei suoi ultimi giorni di vita. Questa quarta - e brevissima - ultima parte di Trust ribalta il quadro che ci eravamo costruiti, e lo fa con forza ed eleganza. I veri protagonisti del bel romanzo di Hernan Diaz sono il mondo della finanza e il suo motore, il denaro, rappresentato nella sua forma più vera e più astratta, quella di feticcio.
TRUST - Hernan Diaz
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Acqua rossa copre quasi trent'anni di storia della Dalmazia (1989 - 2017), dallo scoppio della guerra che avrebbe portato alla dissoluzione della Jugoslavia, a un presente fatto di economie legate quasi esclusivamente al turismo, con ciò che questo comporta in termini di speculazione edilizia, corruzione, dissoluzione delle comunità locali: in questo quadro si innesta la storia di Silva, una diciassettenne che improvvisamente scompare dal paesino della costa, vicino a Spalato, dove vive. La sua sparizione innesca un'indagine che colloca a pieno titolo questo romanzo nella famiglia del noir, genere che, per definizione, dovrebbe illuminare lati oscuri della società in cui la storia si sviluppa. Dovrebbe, perchè molto raramente questo accade davvero. Acqua rossa invece ci riesce in pieno, regalandoci una vicenda avvincente e un formidabile spaccato della Croazia dei nostri giorni.
ACQUA ROSSA - Jurica Pavicic
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Questo romanzo di Liz Moore ci parla del passo che facciamo quando ci avviciniamo a un altro essere umano. Del coraggio che fare questo passo comporta, mettendoci in una posizione di squilibrio e di rischio. Cosa fa sì che le traiettorie di vita delle persone possano convergere? Cosa rende le nostre esistenze un reticolo di relazioni , o, viceversa, un algido schema di linee parallele? Cosa fa sì che le persone si buttino nel rischio delle relazioni, o, al contrario, si sottraggano per una vita intera? Il peso racconta storie di uomini e donne che hanno fatto dei propri corpi una via d'accesso o un muro invalicabile nella relazione con gli altri. Ma racconta anche della possibilità dell'incontro là dove le nostre solitudini sembrano aver fatto terra bruciata di ogni legame con il mondo.
IL PESO - Liz Moore
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Joseph Marti, impiegato in cerca di lavoro, è l'assistente che l'ufficio di collocamento indirizza alla villa di Carl Tobler, ingegnere progettista che in quel luogo ha ufficio, abitazione e famiglia. Un universo che presenta i tratti della solidità borghese (siamo in Svizzera, non a caso), ma che, una volta avvicinato, rivela paurose crepe e zone d'ombra. Sarà Joseph Marti, emblema della vacuità e dell'irresolutezza, ad avvicinarci a questo mondo, che lo attrae e lo disgusta in egual misura. La grandezza del romanzo di Robert Walser risiede nella capacità dell'autore di osservare questo universo con sguardo impassibile, rendendo le fratture interne dei suoi protagonisti rivelatrici delle crepe che stavano intaccando un intero mondo agli inizi del XX secolo.
L'ASSISTENTE - Robert Walser
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Siamo a Sarajevo nei giorni dell'attentato all'arciduca d'Austria. Allo scoppio della guerra Rajka Radakovic, la signorina del titolo, si dedica con caparbietà all'accumulazione di denaro attraverso piccole speculazioni e la pratica dell'usura. Finito il conflitto dovrà lasciare Sarajevo e rifugiarsi a Belgrado perchè la sua posizione si è fatta precaria e pericolosa. La signorina è una donna che ha promesso, sul letto di morte sel padre, di chiudere il suo cuore a qualsiasi tentazione di generosità, apertura e fiducia verso il prossimo: la bontà d'animo era stata la causa della rovina del genitore e lei ne ha tratto una lezione che la guiderà per il resto della vita. Chi pensasse che non sia possibile andare oltre Dickens nel raccontare il denaro e le sue perversioni, legga questo splendido romanzo di Ivo Andric e scoprirà abissi ancora insondati.
LA SIGNORINA - Ivo Andric
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Donbas, regione orientale dell'Ucraina confinante con la Russia. Non troviamo nel romanzo gli echi del conflitto in atto (è stato scritto nel 2009), bensì le macerie di quella transizione rapidissima e brutale che, dopo il crollo dell'Urss, ha portato in auge un capitalismo predatorio governato dalle nuove mafie. Una strana telefonata costringe il protagonista a lasciare la città per tornare nel paese in cui è nato e in cui il fratello gestisce una stazione di servizio, perchè quest'ultimo è scomparso. Inizia così un'avventura in cui azione, riflessione, sogni e ricordi d'infanzia si mescolano per comporre un quadro che racconta, insieme, un Paese e una generazione. Il lirismo della narrazione fa da controcanto alla durezza delle vicende, trovando accenti che ci lasciano stupefatti per tanta verità e bellezza: Fai quello che hai sempre fatto, Herman... Fai quello che hai sempre fatto. Non ignorare i vivi. E non dimenticare i morti
LA STRADA DEL DONBAS - Serhij Zadan
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A uno scrittore è stato commissionato un libro, forse un saggio, forse un romanzo. Tema: le passioni argentine. Viaggiatore solitario, si mette sulla strada alla ricerca di materiale, ma nel frattempo il padre fugge dall'ospedale dove è ricoverato. Alla ricerca delle presunte passioni nazionali si affianca dunque la più concreta ricerca del genitore. Ne nasce un libro di incontri con personaggi formidabili, ognuno dei quali potrebbe fare da pietra angolare per un nuovo racconto - si tratta invece di specchi, nei quali il protagonista si osserva, trasfigurato. Come succede nei grandi libri che hanno per protagonista un viaggiatore solitario, il viaggio avviene dentro e fuori di sè. Volevo dirti qualcosa adesso che è notte e le parole se ne vanno... Dirti che ti voglio bene, figlio, che il mio sogno sei tu.
L'ORA SENZ'OMBRA - Osvaldo Soriano
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Il 1994 è l'anno-chiave nella storia recente del Sudafrica: cade il regime segregazionista bianco e Nelson Mandela viene eletto Presidente della Repubblica. La promessa racconta le vicende di una famiglia bianca e benestante prima e dopo quella data, un prima e un dopo che si assomigliano molto più di quanto si potrebbe supporre. Come ha affermato in una recente intervista l'autore: La questione della terra è centrale nella vita del Sudafrica, lo è stato da sempre: prendere la terra, appropriarsi della terra, riconquistare la terra. Tante cose sono magari cambiare, ma la questione della terra resiste... Ed è proprio attorno ad essa che si dipanano le vicende della famiglia Swart, le sue lacerazioni interne e il suo aggrapparsi a un passato che non dà segni di cedimento. Formidabile la scrittura di Galgut, che con un gioco molto sofisticato (ma per nulla faticoso per il lettore) muove la voce narrante dentro e fuori lo sviluppo degli eventi, coinvolgendolo in una narrazione dai ritmi perfetti.
LA PROMESSA - Damon Galgut
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Scozia, primi del Novecento, una piccola cittadina mineraria: qui prende corpo l'epopea di Tam Docherty, uomo tutto d'un pezzo, minatore, padre di quattro figli, socialista inconsapevole, un combattente. La miniera è per lui sconfitta e riscatto, luogo di sfruttamento e di costruzione dell'identità. Sarà questo sentimento, ambivalente e contraddittorio, a riverberarsi sui figli e sulla moglie Jenny, altra figura centrale della storia. McIlvanney racconta con grande lucidità e precisione le vicende di una famiglia all'interno di una comunità, mettendo i suoi personaggi - così pazientemente indagati nelle spinte profonde che li muovono - al servizio di un grande affresco del conflitto di classe agli inizi del XX secolo. Parlandoci di ciò che accadde cento anni fa ci parla di quello che accade ancora oggi, in forme nuove e identica sostanza.
DOCHERTY - William McIlvanney
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Ogni cosa è pura casualità: nasci in un posto, ti trovi costretto ad andartene, e in un altro posto ancora lasci un rene alla scienza. Fortunato chi riesce a influenzare il caso. Chi lascia la propria casa non perchè deve, ma perchè vuole. Fortunato chi realizza desideri geografici. "Casa" e "caso" sono le due parole chiave di questo romanzo-memoir che affronta il tema delle origini. Stanisic nasce a Visegrad, in Bosnia, e dodicenne fugge con la famiglia dalla guerra, trovando rifugio in Germania. Il suo racconto, che oscilla tra passato e presente, fin dalle prime pagine assume una forma volutamente ambigua, in cui l'elemento realistico scivola impercettibilmente nel ricordo incerto, nella mitologia famigliare, e la figura che rende possibile questo gioco narrativo è la nonna, affetta da demenza senile. E' lei il vero cardine del romanzo, è lei a impersonare la natura elusiva di ogni narrazione e a ricordarci quanto peso abbia il caso nello svolgersi delle nostre vite.
ORIGINI - Sasa Stanisic
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Se la morte ti ha tolto qualcosa, tu restituiscilo |
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Naja Marie Aidt, poetessa danese, nel marzo 2015 perde il figlio venticinquenne Carl. Nel 2017 esce Se la morte ti ha tolto qualcosa, tu restituiscilo. Il libro non è la ricostruzione letteraria di un fatto tragico, nè il memoir di una madre che tenta di affrontare il proprio dolore rielaborandolo attraverso la scrittura. Questo libro è dolore che si fa parola. Ci troviamo dunque di fronte a una lettura quasi insostenibile, poichè - agli occhi dell'autrice - ogni prospettiva di guarigione, di superamento del dolore, appare intollerabile e oscena. Eppure sarà la parola, la parola scritta, a creare una via d'accesso a una nuova condizione, che non supera la morte, ma la contiene: Se la morte ti ha tolto qualcosa, / tu restituiscilo / restituisci / ciò che hai avuto da colui che è morto / quando era vivo / quando era il tuo cuore / restituiscilo a una rosa, / un continente, un giorno d'inverno / a un ragazzo che ti guarda / dal buio del cappuccio.
SE LA MORTE TI HA TOLTO QUALCOSA, TU RESTITUISCILO - Naja Marie Aidt
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L'eroe virile. Saggio su J. Conrad |
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L'autore ci accompagna nella rilettura - o, eventualmente, in una prima lettura - dei tre capolavori conradiani: La linea d'ombra; Cuore di tenebra; Tifone. Il filo conduttore è rivelato dal titolo del saggio: L'eroe virile, ossia colui che va incontro al proprio destino senza sottrarsi alle prove che questo gli riserva. Ma... per Conrad, la virilità, sul confine incombente e minaccioso della sua scomparsa, consiste nel tener fede eroicamente al rigore di una missione senza scopo nè contenuto, ad un amore, di cose e di persone, che non riesce a farsi concreto, a vivere fino in fondo di vita propria, e resta totalmente astratto. Ed è questo senso di vuoto a giustificare il sottotitolo scelto dall'autore: Trilogia della sconfitta. L'incedere di Asor Rosa nell'analisi dei testi è esitante, dubitoso, e il suo argomentare è costellato di domande: non potrebbe esserci guida migliore per addentrarsi tra le pagine di questi tre splendidi e misteriosi romanzi.
L'EROE VIRILE - Alberto Asor Rosa
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Pur trattandosi di un'opera in prosa, si capisce immediatamente che L'ascensore di Prijedor è stato scritto da chi ha dimestichezza con la poesia, con la sua precisione ed elusività. In poco più di cento pagine Cvijetic (poeta, drammaturgo e scrittore bosniaco) condensa il prima, il durante e il dopo della guerra che ha portato alla dissoluzione della Jugoslavia. Lo fa raccontando le storie delle 104 famiglie che abitano nel caseggiato popolare della cittadina di Prijedor, luogo-simbolo e microcosmo, in cui convivono fedi ed etnie, frutto del rimescolamento di secoli. Il 1991, l'anno dello scoppio della guerra, segna uno spartiacque, ma, sembra ammonirci Cvijetic, non eravamo ciechi, abbiamo scelto di non vedere: Il treno andava dritto verso il baratro mentre i passeggeri continuavano a bere tranquillamente il tè nel vagone ristorante, rifiutandosi di guardare fuori dal finestrino. Fino alla fine.
L'ASCENSORE DI PRIJEDOR - Darko Cvijetic
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Essere omosessuali ad Aba, in Nigeria, a metà degli anni '90, con un paese stretto tra dittatura militare e bande di criminali armati, non è semplice. Lo sa Vivek, che troviamo morto nelle prime pagine del libro, abbandonato sulla soglia di casa senza vestiti addosso. Vivek che continua però a parlarci, perchè sarà la sua voce, insieme a quella del cugino Osita, a ricostruire una storia che prenderà corpo capitolo dopo capitolo, verso un finale che crediamo già di conoscere e che riserva invece più di una sorpresa: su tutte, quella del rapporto tra la madre e la memoria del figlio, vero punto di svolta di questo splendido romanzo.
LA MORTE DI VIVEK - Akwaeke Emezi
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E' tra il 1939 e il 1943, gli anni dell'occupazione italiana dell'Albania, che si dipana la vicenda raccontata dal bambino-narratore protagonista del romanzo, davanti ai cui occhi scorrono le immagini di un mondo in cui realtà e mistero, animismo e visione, si fondono come solo nel mondo interno dei bambini può accadere. Attorno a lui ruota un'umanità minuta fatta di spie, delatori, resistenti, veggenti, ultracentenari... che troviamo, a tutt'altre latitudini, in tanti romanzi di Nagib Mahfuz, un autore che ricorda Ismail Kadare per la capacità di raccontare gli uomini legandoli inscindibilmente ai luoghi in cui vivono: là il Cairo, qui Argirocastro, la città di pietra. E, a ben guardare, è proprio la città la vera protagonista del romanzo: Sì, era una città assai strana (...). Molte cose in essa erano bizzarre e molte altre sembravano appartenere al regno dei sogni.
LA CITTA' DI PIETRA - Ismail Kadare
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Glasgow anni '80, ci muoviamo tra le macerie lasciate dal thatcherismo: disoccupazione, sussidi, disgregazione delle comunità operaie. E nei quartieri sottoproletari chi la fa da padrone è l'alcol. Con il viso sempre truccato e i capelli in ordine, la madre si risollevava dalla propria tomba e teneva la testa alta. Dopo essersi gonfiata d'alcol e aver fatto le cose più disdicevoli, si alzava il mattino dopo, indossava il cappotto migliore e affrontava il mondo. La madre in questione è la madre di Shuggie, bambino che dovrà diventare adulto molto in fretta, per poter badare a lei e a se stesso. Ci sarebbero anche un fratello, una sorella, svariati uomini... ma tutti, in modi diversi e per diverse ragioni, usciranno dalla sua vita lasciando Shuggie 'con il cerino in mano'. Quella che va in scena tra madre e figlio è una danza straordinaria, in cui l'amore prende la forma dell'accudimento, della vergogna, della ricerca di un'impossibile normalità.
STORIA DI SHUGGIE BAIN - Douglas Stuart
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